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Vi sono molti fatti interessanti sulla dinastia Ghassanide che mostrano l’importanza dell’unica dinastia araba imperiale nella storia.

A causa della mancanza di una conoscenza completa della storia bizantina e ghassanide, alcuni storici creano confusione sull’effettivo ruolo dei ghassanidi e sulla loro alleanza con Bisanzio e tendono a sminuire la dinastia di Ghassan a Stato “vassallo” senza nemmeno spiegare cosa questo significasse veramente nel contesto del VI e VII secolo.

“E sebbene il re Ghassanide fosse il capo di quello che oggi chiameremmo uno stato vassallo, lui e l’imperatore [bizantino] si incontrarono “da pari” – come compagni d’armi – discutendo questioni di importanza vitale”. (Gene Gurney, “Kingdoms of Asia, the Middle East and Africa”, 1986, p.70)

Sua Maestà, il re Al-Harith VI (Arethas nelle fonti greche) ha iniziato una tradizione per i governanti Ghassanidi con diversi titoli imperiali oltre a quello reale assegnato dal suo stesso popolo: “Basileus” – Imperatore/Alto Re di tutti gli arabi, “Patrizio” – Il più alto onore bizantino nel VI secolo, riconosciuto solamente a 3 governanti stranieri tra cui il re Al-Harith VI, “Archifilarca”- Comandante supremo in capo degli eserciti arabi federati.

Al-Harith (Arethas) era dunque un re? Al fine di garantire la sicurezza delle loro province orientali, i governanti bizantini si sforzarono di creare una zona cuscinetto tra le loro terre e quelle della Persia e di mantenere alleanze permanenti con alcune tribù arabe. Nel VI secolo il popolo dei Ghassānidi fu scelto come principale alleato dell’Impero d’Oriente.

Durante il regno di Giustiniano I la guida Ghassānide passò ad Al-Ḥarīth II ibn Djabala al-Ghassāni (Arethas) della famiglia Djafnid. Secondo Procopio di Cesarea, l’imperatore Giustiniano I concesse ad Areta una dignità reale (ἀξίωμα βασιλέωϛ). Mentre è piuttosto incontestato il fatto che durante il regno di Giustiniano I altri foederati dei Bizantini furono sottoposti al dominio degli Djafnidi, il titolo regale di Areta è stato a lungo oggetto di un acceso dibattito. È necessario esaminare in dettaglio la questione del titolo di Areta nel contesto di nozioni come re/imperatore (basileus), potere reale e regalità nelle opere degli scrittori bizantini, in particolare di Procopio. Suonano particolarmente interessanti i titoli dei sovrani barbari – di Eftaliti, Axumiti, Goti, Vandali, Etiopi, Lazi e altri. Un’analisi di casi particolari in cui il cronista bizantino utilizza la parola basileus per definire i governanti di paesi stranieri consentirà di vedere il caso di Areta in un contesto più ampio e di rispondere alla domanda se il suo caso fosse davvero così eccezionale.

Dobbiamo separare il ruolo di “Archifilarca” della Federazione bizantina e il titolo di “Basileus Araves” (Imperatore o Sommo Re di tutti gli arabi) conferito dall’imperatore Giustiniano nel 529 d.C. dall’effettiva regalità sul popolo di Ghassan, che gli studiosi hanno concordato, non erano cittadini romani (bizantini).

“La dignità di Re in Procopio era stata nettamente differenziata dal “Supremo Filarcato” (archifilarchia), di cui era dotato Arethas” (Irfan Shahîd, Byzantium and the Arabs in the Sixth Century, vol. 1, 1995, p. 103) .

“Il titolo assegnato al Sovrano o Capo Ghassanide dal proprio popolo non era né Patrizio né Filarca ma RE (AL-MALIK). Il titolo, stabilito oltre ogni dubbio da Procopio, è confermato dalla poesia contemporanea di Hassan e di poeti successivi che continuarono questa autentica tradizione. Ma la prova più forte è fornita dall’epigrafia contemporanea: l’iscrizione di Usays scolpita da uno dei comandanti [del re] Areta, Ibn Al-Mughira, che si riferisce a lui intorno al 530 d.C. come Al-Malik, il re. Non c’è dubbio inoltre che il ghassanide Arethas fosse “vestito” da re e come tale riconosciuto in occasioni importanti nelle terre ghassanidi. Il poeta sottolinea la propria posizione eminente tra i suoi mecenati ghassanidi dal fatto che egli era solito sedersi non lontano dalla loro testa coronata.” (Irfan Shahîd, Bisanzio e gli Arabi nel sesto secolo, Volume 2 parte 2 pg.164)

“Il patriziato, non un ufficio, ma una dignità, e il più alto onore che Bisanzio potesse conferire e fu conferito al ghassanide Arethas. “Irfan Shahîd, Bisanzio e gli arabi nel sesto secolo, vol. 1, 1995, pag. 293)

“Questa altissima dignità bizantina (patriziato) fu conferita a un certo numero di romani. La sua attribuzione a non romani – barbari, principi e re – era molto rara, e la maggior parte di questi casi apparteneva all’Occidente romano, occupato dai principi germanici. In Oriente solo tre persone ricevettero tale titolo e Arethas fu, appunto, uno di loro. Quindi il patriziato di Arethas era davvero un raro onore, il cui conferimento era anche eloquente del rapporto esistente tra l’imperatore Giustiniano e Arethas.

Ciò è particolarmente vero perché il patrizio veniva spesso chiamato “il padre dell’imperatore” (pater augusti) e l’imperatore spesso si rivolgeva al patrizio come “mio padre”. Così, se una dignità o un titolo tra i molti che Arethas deteneva, riflette il rapporto speciale tra Giustiniano e Arethas, è il patriziato. Il suo conferimento riflette l’assoluta fiducia di Bisanzio nella lealtà e nel valore del re arabo, così come la sua assunzione del gentilicium imperiale, Flavio, rifletteva il proprio senso di lealtà verso la famiglia imperiale che portava il nomen gentile dei Flavi. (Ibid p.294)

I re ghassanidi avevano, caso pressochè unico, una pletora di altri titoli imperiali come: “Clarissimus”, “Philochristos”, “Pius” e il gentilicium imperiale “Flavius”. (Vedi Ibid. p.295)

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